La famiglia del naufrago di Luigi Carrer

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La famiglia del naufrago di Luigi Carrer

(1837)


Ella guardava il mare continuamente, il mare che le aveva rapito ogni sua speranza. Ella, la moglie del marinaio che avea naufragato dopo tre anni di lunga e difficile navigazione, al rompere della primavera, quando riconducevasi a casa, ed era a poche miglia, e possiamo dire in vista del porto!

La famigliuola, ed erano cinque, due ragazzi e tre figlie, le veniva in compagnia fino alla spiaggia, se le aggruppava dintorno malinconica e silenziosa: ma poi, non cessando la vedova di rammaricarsi e di guardare ora il cielo, ora l’acque, dove aveva perduto e dove sperava trovare il maritò, si spartivano a raccogliere conchiglie di sotto la sabbia, o a razzolare fra gli sfasciumi della nave abbandonati sul lido a imputridire, o ad essere rimescolati dalla marea.

Alessandro era il minore de’ figli, contava appena tre anni, nato dopo che la nave aveva fatto vela, non aveva veduto il padre suo e non era stato veduto da esso. E la madre industriavasi a vestirlo del suo meglio, a ravviargli le nere ciocche de’ capelli, e mettergli in capo un berrettino nuovo ed orlato molto graziosamente, quando credeva che il marito suo dovesse tornare: “Oh come gli parrà bello Alessandro! Il più piccolo e il più bello de’ suoi figli!”

E Alessandro, che non erasi punto addomesticato coir idea della morte, aveva interrogato alcuna volta la madre sua di maniera da strapparle le viscere: “Daviero che il papà non si Jarà più l’edere? E tu pure non lo iedrai più, mamma, egli che ti volea tanto bene, e tanto ne voleva a noi tutti, e a me cui mandava di lontano tanti saluti?” E poiché vedeva la madre piangere dirottissimamente e non potergli rispondere, erasi finalmente adattato a tacere, e mordevasi le labbra ogni volta che inavvertitamente trovavasi disposto a rinnovar la domanda. E la madre abbracciarlo e baciarlo, chiamandolo il suo caro Alessandro.

V’avea tra le genti della contrada chi a principio le tenne dietro, temendo della sua disperazione. Ma se l’animo suo addolorato l’avesse portata a qualche estrema deliberazione, avrebbe guardato il mare con tanta ansietà? Chi aspetta non è ancora disposto ad abbandonare la vita. E poi? Quando ritraevasi dalla vista del mare, non cercava un ristoro in cinque volti? Non parevale che qualcheduno dovesse esserle stato tolto fin tanto che si era indugiata a mirar l’acque?

Oh amore di madre! Tu comprendi molti altri amori, tu puoi risarcire molte altre perdite, e non puoi essere compensato da veruno acquisto. L’elezione e la necessità concorrono a renderli dolce e santo ad un tempo. Tu non lasci senza conforto la vedova del naufrago, finch’ella può destarsi al remore della procella, ed accorrere palpitante alla voce de’ suoi diletti che gemono sommessamente fra il sonno. Il mare e la morte hanno ancora di che farla trangosciare del solo pensiero: come potrebbe fuggire la vita?

Ma può ancora sperare? Il sole erasi corcato dietro un funestisimo velo di nubi. Avrebbesi detto che non dovesse più rivedere la terra, tanto era stato doloroso l’ultimo sguardo con cui erasi congedato nel suo tramontare. Tutta notte imperversarono i venti, e la vedova del naufrago non aveva mai chiuso occhio. Ad una fiera scossa, che fé suonare i battenti della finestra, una delle fanciulle erasi desta gridando: Avemmaria! E Alessandro, sognando, erasi lasciato scappare interrottamente le voci: “Aiuta, papà mio!” Poi erasi raccolto di nuovo a dormire.

La dimane la vedova era accorsa alla spiaggia. Sola, questa volta, e aveva avuto il coraggio di lasciare i fanciullini che ancora dormivano. Pareva accorrere ad una chiamata, così ne andava a passi solleciti ed assicurali. Il mare, non ancora rimesso dalla notturna burrasca, ne veniva con lunghe onde affilate ben entro terra, e la povera donna non si accorgeva di toccare coi piedi l’ultime spume.

Ma che cerca ella, curva sulla sabbia? E un non so che, ch’ella studiasi di sviluppare dall’aliga che lo rinvolge, un non so che di lucente. Che cosa? Una croce: la croce d’oro, che portava al collo il marito, e che il mare le volle restituire, quasi un annunzio venutole di là dal mondo, da colui ch’ella aveva tanto pianto e desiderato.

Non mi hai dunque affatto dimenticata? Non è rotta ogni corrispondenza fra noi? Afferrava convulsa la croce, la baciava, la puliva, la ribaciava. Egli mi ti ha mandato! Egli! Oh io sapeva che non dovevi lasciarmi così sola, senza nessuna novella! E non badava che il mare, ad ogni ora ingrossando, le avesse coperto pressochè tutti i piedi. Devo dunque tenere questa memoria? Essa è calda dell’ultimo tuo sospiro!

Mentre continuava, i figliuoli suoi erano accorsi alla spiaggia in traccia della madre. Precorreva a tutti Alessandro. Si destò alle loro grida dall’estasi di dolore in cui era immersa. Vieni, Alessandro! Guarda, il tuo papà ti ha mandato questa croce perchè tu la porti al collo tutta tua vita! Indi con solennità: “fatevi intorno tutti, inginocchiatevi; baciatela tutti”.

“Mamma”, disse Alessandro, “e non aveva ragione di dimandarti a ogni poco se il papà sarebbe tornato?” “Le tue parole furono il mio buon augurio”, rispose la madre. “Egli è tornato, levò brev’ora la testa dall’acqua, e mi rese la sua croce: custodiscila Alessandro, sovra il tuo cuore. Egli è il padre tuo che te l’ha mandata”.

Chi oserebbe contraddirle, chi disingannarla?

I fanciulli si guardavano tutti l’uno l’altro commossi, e riverenti prostraronsi davanti la madre loro. Dopo quel giorno la moglie del naufrago non guarda più il mare, non aspetta il marito. Bensì vorrebbe non indugiare a raggiugnerlo, dato avviamento a’ suoi figli. Frequenta una cappella ov’è il Santo de’ marinai e parla devotamente con Dio. Ella sa dove e come potrà rivedere per sempre chi le fu tolto. In quella croce n’ebbe un’arra infallibile; non venne a riva per caso.

Chi oserebbe contraddirle, chi disingannarla?

(da "Novelle e racconti" di Luigi Carrer, 1837)